Skip to main content
The Jesus Lizard @ Express Festival

The Jesus Lizard @ Express Festival

| Alessandra D'aloise

Bologna, 31 Maggio 2025

Chi sono i Jesus Lizard? Se stai leggendo queste righe, probabilmente la risposta già la conosci. Ma per chi si è imbattuto in questo nome per caso, basti dire che Steve Albini – produttore leggendario e custode del suono underground americano – li ha descritti come “la band più importante degli anni Novanta”. Una definizione forte, ma che trova piena conferma nella loro storia, nella loro attitudine, nel loro suono. Nati alla fine degli anni ’80, i Jesus Lizard prendono le distorsioni industriali dei Big Black e le trasformano in qualcosa di più istintivo, più corporeo. Mentre i Fugazi canalizzano l’eredità dell’hardcore in una forma politica e rigorosa, i Jesus Lizard scelgono la strada opposta: si abbandonano al caos, alla nevrosi, alla violenza emotiva. Il loro noise rock è crudo, fisico, disturbante – un martello ritmico che non lascia scampo. 

Dopo anni di silenzio e qualche reunion occasionale, la band è tornata davvero. Il 13 settembre 2024 è uscito Rack, primo album in studio dopo 26 anni. Undici nuovi brani che non suonano come un omaggio a sé stessi, ma come un colpo allo stomaco: diretti, abrasivi, ancora capaci di far male. E ora, finalmente, sono tornati anche in Italia, con tre date tra cui quella di Bologna, inserita nella programmazione dell’Express Festival, organizzato dal Locomotiv Club ma stasera in trasferta al Link.

Il locale è pieno fino all’orlo. C’è un’attesa carica di tensione, e tutti gli occhi sono puntati su David Yow, il frontman storico della band, noto per le sue performance imprevedibili e spesso al limite del delirio. In passato si è lanciato tra il pubblico vestito solo con i suoi stivali camperos, lasciandosi trascinare dalla folla senza il minimo riguardo per la propria incolumità. Anche oggi, sul palco, sembra sempre a un passo dal collasso: lo guardi e pensi che da un momento all’altro si accascerà, vomiterà sul palco o farà qualcosa di completamente folle. Ma niente di tutto questo accade. A esplodere, piuttosto, è solo la sua voce: ruvida, cavernosa, viscerale. Yow si lascia toccare dal pubblico, sfiora mani e volti, si muove in modo imprevedibile – a volte scivolando a terra con grazia quasi da ballerina, altre ringraziando tra un pezzo e l’altro con una dolcezza spiazzante. Il momento più emblematico arriva prima di What If, quando con un ghigno divertito invita il pubblico a urlare con lui un sonoro “Fuck Trump”. Un gesto politico, certo, ma anche un’esplosione collettiva, perfettamente in linea con lo spirito abrasivo della band. Il set prosegue alternando brani nuovi e vecchi, senza mai perdere intensità. Quando arrivano i pezzi storici da Goat, il pubblico impazzisce. Parte il pogo, volano bicchieri, il sudore cola a fiumi. Su Monkey Trick provo a buttarmi nella mischia, ma capisco subito che se voglio tornare a casa con tutte le ossa a posto, è meglio farmi da parte.

I Jesus Lizard non sono tornati per suonare da vecchie glorie. Sono tornati per ricordare – a chi c’era e a chi non c’era – che il noise rock può ancora essere qualcosa che ti prende alla gola, ti scuote e ti sbatte a terra. Letteralmente.